trasformazione di consorzio in societa’ consortile
Cons. Not. Milano 24.07.2001, principi uniformi
in tema di società
E’ legittima la trasformazione di un consorzio con attività esterna in società consortile in quanto strutture associative caratterizzate da medesimo scopo e da medesima causa.
Per effetto dell’art. 2615-ter,
introdotto nel codice civile dalla L. 05.1976 n. 377, le società previste nei
capi III e seguenti del Titolo V del libro V possono assumere come oggetto lo
scopo consortile.
Ne consegue che, potendo
essere utilizzata la forma societaria per il perseguimento di tale scopo sin
dall’origine, non ricorre alcun motivo per escludere che la stessa possa esser
assunta anche quando il perseguimento dello scopo consortile sia già in corso
per il tramite di un consorzio con attività esterna.
La trasformazione è vicenda
modificativa della struttura organizzativa del gruppo, alternativa rispetto
alla liquidazione e costituzione di un nuovo soggetto.
Essa è connotata dal
principio di continuità per effetto del quale non muta la titolarità di diritti
e rapporti facenti capo al "soggetto trasformato".
Essa è compatibile con
eventuali variazioni di disciplina applicabile e, segnatamente, con modifiche
del regime della responsabilità di tutti o di alcuni degli associati.
Dal sistema, invero
articolato, che si è determinato per effetto di svariate disposizioni normative
(tra le quali spicca, ai nostri fini, la L. 127/1971 che vieta la trasformazione di società cooperativa in
società lucrativa, divieto peraltro rimosso, per le banche popolari dal D.Lgs.
385/1993) è desumibile il principio secondo il quale "non è consentita,
neppure con il consenso di tutti i soci, la trasformazione che comporti il
passaggio ad un tipo di società con scopo istituzionalmente incompatibile con
quello originariamente prescelto".
Questo principio, esposto in
termini positivi, porta ad ammettere la compatibilità della trasformazione con
le vicende modificative delle strutture organizzative di enti, dotati di
autonomia patrimoniale, scaturenti da contratti associativi caratterizzati da
identico scopo (o causa).
Tale evenienza ricorre, in
particolare, nel caso di trasformazione di consorzio con attività esterna in
società consortile e viceversa, posto che l’identità di scopo è normativamente
attestata dall’art. 2615 ter c.c..
L’atto di trasformazione di
un consorzio con attività esterna in società consortile di capitali deve avere
i requisiti di forma richiesti per la nuova struttura e dovrà essere iscritto
nel registro delle imprese con le forme prescritte per l’atto costitutivo del
tipo di società adottato.
Inoltre, solo il consenso
espresso dei creditori comporterà la liberazione dei consorziati dalla
responsabilità per le obbligazioni consortili anteriori alla trasformazione, in
mancanza del quale essi continueranno a risponderne.
La qualificazione della
trasformazione come vicenda modificativa dell’atto costitutivo comporta
l’applicazione dell'art. 2607 c.c.: se non è diversamente stabilito, è
necessario il consenso di tutti i consorziati.
Per evitare che vengano
eluse le norme poste a tutela dell'effettività del capitale, la delibera di
trasformazione in società consortile di capitali necessita, della relazione di
stima del patrimonio sociale ad opera dell'esperto nominato dal Tribunale.
Tale requisito non è,
invece, richiesto per la trasformazione di un consorzio in società di persone
non essendo applicabile neppure in via analogica la disciplina degli artt. 2498
C.C..
In ogni caso di
trasformazione deliberata a maggioranza, avuto riguardo al tipo di società che
si assume o che si perde (di capitale o di persone – a responsabilità limitata
o illimitata) a tutela dei soci assenti e/o dissenzienti può soccorrere la
facoltà di recesso di cui agli artt. 2609 e 2437 c.c.